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Marino Filipas, un tecnico per tutti: normodotati e paralimpici

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Ai recenti Campionati Italiani Giovanili ha guidato i suoi ragazzi del Rangers San Rocco di Udine. Marino Filipas (nella foto di Domenico Vallorini in panchina con i suoi ragazzi) è però anche un tecnico paralimpico e segue Giuseppe Vella e Giada Rossi, due degli atleti che parteciperanno alle Paralimpiadi di Rio.

Marino, com'è stata la tua storia pongistica fra la Slovenia e l'Italia?

«Sono nato a Capodistria e vivo a Piran in Slovenia, vicino al confine. Da atleta non ero forte e al massimo sono stato campione regionale. Prima dei 30 anni già allenavo e sono andato alla Bor Trieste, che era il punto di riferimento per la minoranza slovena residente lì. Poi Enrico Mascelloni mi ha chiamato a Udine. Eravamo già amici dagli anni '80 e '90 e lui m'invitava spesso, ma la distanza rendeva tutto più difficile. Collaboriamo ormai da 12 anni»  

Che realtà hai trovato a Udine?

«La società era già avviata e ho iniziato a lavorare con i ragazzini che c'erano, intensificando sempre più i ritmi d'allenamento. Le nostre perle erano Sofia Schierano e Chiara Miani, che sono arrivare fino alla Nazionale juniores. Chiara ora ha smesso e Sofia è tesserata per Molfetta, ma studia Medicina e ha poco tempo per allenarsi. Quando viene in palestra a trovarci è comunque ancora una gioia vederla giocare»

Dopo di loro cosa è accaduto?

«Quando hanno interrotto, pensavo che per me finisse tutto, poi invece sono arrivati due ragazzi come Eric Bertolini e Massimo Pischiutti, che hanno tanta voglia di lavorare, Sono entrambi all'ultimo anni juniores. Qui a Terni hanno sfiorato la medaglia in doppio, uscendo nei quarti. Giocano in B2 e sono orgoglioso di loro, perché in allenamento ce la mettono veramente tutta. Lavorano anche con Peppe e Giada, io non faccio distinzione fra chi è in carrozzina e chi non lo è».

A proposito, come hai conosciuto Peppe Vella?

«In società avevamo un ragazzo che aveva un piccolo problema a un braccio. A un torneo Peppe lo ha visto, è venuto da me e ha voluto informazioni su di lui. Abbiamo un po' parlato e gli ho chiesto se gli andasse di venire in palestra da noi. È venuto una volta da Lignano, dove viveva e dopo cinque volte mi ha chiesto se potesse allenarsi da noi. Ha cominciato così e non ha mai mancato una seduta, facendo la spola tutti i giorni da Lignano».

Com'è nato invece il contatto con Giada Rossi?

«Dopo aver iniziato a seguire Peppe, ho cominciato ad andare a Lignano, ai raduni degli atleti paralimpici. Conoscevo Alessandro Arcigli, come direttore tecnico della Nazionale, un uomo che stimo moltisimo, ed è stato lui stesso a chiedermi di dare una mano. Il sistema mi è subito piaciuto, perché è molto simile al mio: si parla poco e si lavora molto. Giada è tesserata per la Polisportiva San Giorgio Porcia (Pordenone), ma siccome in società non aveva la possibilità di fare 4-5 allenamenti alla settimana, ci siamo accordati con Arcigli che venisse due volte da noi. Dopo poco Giada ha voluto intensificare fino a cinque sessioni, quattro tutti insieme in palestra e una da sola con me al tavolo».

Quindi sei tornato ad allenare una donna

«E dire che quando hanno smesso Schierano e Miani avevo promesso a me stesso che non sarebbe più accaduto. È difficile allenare le donne a un certo livello. Quando ho visto la determinazione di Giada, però, mi sono ricreduto. Abbiamo parlato non la nostra presidente Rosanna Palmiotto e ho garantito la mia disponibilità per dare il massimo. Siamo partiti con il progetto "Tokyo 2020" e Giada è stata talmente brava da qualificarsi già a Rio».

Quanto è diverso allenare i normodotati e i paralimpici?

«Non vedo la carrozzina, che comunque c'è. Bisogna adattare un po' gli esercizi e la preparazione specifica va fatta contro un avversario in carrozzina, ma da noi giochiamo tutti con tutti. Il gioco è diverso e ogni paralimpico ha le sue difficoltà, ma la base è uguale. Basta lasciarsi andare e sono gli atleti stessi a farmi capire di cosa abbiano bisogno. Sono un uomo felice, anche se da giovane non avrei mai pensato che avrei fatto l'allenatore professionista».

Marino Filipas in panchina


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